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Psicologia

Buona domenica a tutti, miei cari lettori! ✨

Quest’oggi affronteremo un tema che mi sta particolarmente a cuore: il valore del silenzio. Siamo sempre più connessi ovunque noi ci troviamo ed inoltre siamo “bombardati” di stimoli di ogni tipo: immagini, suoni, video e chi più ne ha più ne metta.

L’evoluzione tecnologica è fondamentale, ma le nuove tecnologie andrebbero viste, a mio avviso, come uno strumento e non come un fine, un mezzo per raggiungere persone che possano arricchirci, per studiare, informarsi seriamente ed anche concederci qualche piccolo e sano “svago”, purchè non scada nelle solite banalità.

Il silenzio è un valore importantissimo

Fare silenzio non significa non avere una propria opinione, tutt’altro. E’, invece, l’arma migliore che abbiamo contro la cosiddetta “era dell’indignazione” o anche “era della suscettibilità” nella quale tutti noi siamo immersi.

Non sto dicendo che non bisogna indignarsi per ciò che seriamente va male e c’è di brutto nel mondo, tutt’altro.

A volte è necessario far sentire la propria voce, come è normale e giusto che sia. Ma il fatto è che ognuno di noi dovrebbe attivare il proprio personale  senso “critico” e ragionare con la propria testa, senza lasciarsi travolgere da questa “indignazione” generale che ci avvolge.

Facciamo degli esempi pratici. Ogni qualvolta una qualsiasi sciocchezza non è di gradimento di qualcuno si scatena la cosiddetta “indignazione social”. Il personaggio famoso fa una “sciocchezza”?  Ecco che parte l’indignazione generale e via ai commenti di ogni tipo, il più delle volte senza riflessione, senza analizzare a fondo la questione, solo perchè scrivendo ci si sente “importanti” e parti di “qualcosa”. E giu’ di li offese, brutture, volgarità ecc.

Ci si compiace di aver trovato la “bruttura” del giorno, si è felici di averla trovata per primi e poi si “rigetta” tutto sul web.

Il fatto è che bisognerebbe farsi una semplice domanda prima di far partire commenti a valanga, ed è la seguente:

Ma io, in prima persona, cosa sto facendo in concreto e di positivo per “migliorare” il mondo o almeno per dare il mio contributo positivo?

A prescindere dal problema (il quale è ovvio vada seriamente denunciato, se è serio) bisognerebbe farsela questa domanda, poichè è molto semplice “ergersi a giudice” in qualsiasi situazione, persino quando la portata che si mangia al ristorante risulti insipida, per fare un esempio banalissimo.

Riscopriamo il valore del silenzio

Rimanere in silenzio è fondamentale quando la questione di cui si sta “parlando” è talmente sciocca che non merita nemmeno la nostra attenzione e non va alimentata, considerato anche che molti contenuti che leggiamo online sono messi di proposito per scatenare queste polemiche a cascata.

Interrompiamo noi questo meccanismo assurdo ricordandoci che ognuno può e deve fare la propria parte. E ricordiamoci una cosa…

Meno parole, più fatti.

Se si vuole migliorare il mondo bisogna agire e non solo lamentarsi e indignarsi. Vogliamo la pace? Certo, tutti la vogliamo. Ma se poi io sono il primo a mettere zizzania e a litigare per sciocchezze con tutti, la vedo dura. Magari un giorno (si spera davvero…) la pace trionferà nel senso che cesseranno le armi, ma non ci sarà vera “pace” finchè non ci si adopererà per il rispetto reciproco, nella nostra quotidianità.

Le parole chiave di tutto questo discorso sono quindi tutte correlate al valore del silenzio e comprendono l’ascolto, la discrezione, la non denigrazione e l’accoglienza online e nella vita quotidiana.

Stop alla rabbia, specie quella immotivata. Buddha affermava che:

Aggrapparsi alla rabbia è come afferrare un carbone ardente con l’intento di gettarlo a qualcun altro; sei sempre e solo tu quello che rimane bruciato.

Ed inoltre affermava

Con la violenza puoi risolvere un problema, ma pianti i semi per un altro.

E per “violenza” si intende anche quella verbale. Ricordo infatti che nella Bibbia si dice “Ne uccide più la lingua che la spada”, Libro del Siracide.

Insomma, amiamo e coltiviamo il silenzio per la nostra crescita interiore e per raggiungere il traguardo di un mondo più giusto, nel quale contino le azioni concrete e non le indignazioni  continue, prolungate e immotivate.

Ascoltate “The sound of Silence” versione strumentale…

Voi cosa ne pensate al riguardo? Fatemi sapere nei commenti!

Un carissimo saluto a voi e buona continuazione.

Ciao da Grazia!!

Bentrovati, carissimi amici del Taccuino! 🥰

Quest’oggi parleremo di come possiamo affrontare al meglio le nostre paure e quali siano gli atteggiamenti mentali ed i rimedi  giusti per combatterle e per non farci sopraffare da esse!

Quando si tratta di paure, tutti noi sappiamo a cosa ci riferiamo. C’è chi ha paura del buio, chi dell’ascensore, chi di parlare in pubblico…ce ne sono tante.

Ma cos’è la paura?

La paura è un’emozione primaria, cioè una di quelle emozioni presenti nel bambino fin dalla nascita, insieme alla gioia, alla tristezza ed alla rabbia. La paura è, quindi, fondamentale. Essa rappresenta un “sistema adattivo” che riesce a “modulare”, a regolare il nostro rapporto con l’ambiente circostante. Per questo motivo, essa favorisce la nostra sopravvivenza.

Un esempio concreto che rende benissimo l’idea? L’avere “paura” se ci si trova ad un passo da un burrone eviterà “passi falsi” e ci permetterà di “fermarci“, garantendo la nostra sopravvivenza.

La paura, quindi, è fisiologica e naturale. Il problema sorge quando le paure iniziano a sopraffarci e non ci permettono di vivere serenamente la nostra quotidianità. A quel punto bisogna cercare di “intervenire” nel modo giusto per tornare ad essere sereni.

Un po’ di “magia”…

Sin dall’antichità, l’uomo ha sempre cercato di scacciare via paure ed incubi. Queste testimonianze le abbiamo in molte leggende, come ad esempio quella del “Dreamcatcher“, l’ Acchiappasogni della cultura nativo-americana.

La leggenda del Dreamcatcher

La leggenda narra dell’esistenza di una donna-ragno chiamata Asibikaashi, che si prendeva cura del popolo della Terra. La donna-ragno vegliava su tutte le creature del nostro mondo, affacciandosi sopra le culle e i letti dei bambini intenta a tessere una sottile, delicata e forte ragnatela, capace di intrappolare tutto il male tra i suoi fili e di farlo svanire all’alba.

Quando il suo popolo si disperse nell’America del Nord, il suo compito di prendersi cura di tutti i bambini iniziò a complicarsi, per cui le madri e le nonne dovettero iniziare a tessere da sole reti dalle proprietà magiche, in grado di intrappolare i sogni negativi e gli incubi, per proteggere i loro bambini.

Secondo l’antica leggenda degli Ojibwa sugli acchiappasogni, i sogni passano attraverso la rete. Quelli buoni vengono filtrati e scivolano tra le sue delicate piume fino a noi. Gli incubi, invece, vengono acchiappati dalla rete e muoiono al sorgere del sole.

Interpretazione

Alla parola “sogni”, vengono date interpretazioni diverse, come quella di “speranze”, “positività”, “aspirazioni”, ed allontanamento delle paure. La leggenda dell’acchiappasogni, quindi, ci fa capire che a volte ci sentiamo più sicuri e di conseguenza con meno paure se accanto a noi abbiamo un “oggetto” il quale, siamo convinti, le mandi via, come un amuleto. Ovviamente è una nostra convinzione, nella realtà non è così, ma quell’oggetto ci fa sicuramente sentire più sicuri.

La psicologia in pillole

In psicologia è noto il concetto di “oggetto transizionale”, quell’oggetto a cui il bambino si lega quasi in “sostituzione” della mamma, come un orsetto di peluche, per citarne uno. Il bimbo non ha più paura, è meno angosciato se ha quell’oggetto accanto a sé.

Anche da adulti, può succedere. Si, anche noi adulti possiamo avere un “oggetto transizionale”, una “coperta di Linus“, come si dice. A cosa serve, da adulti, l’oggetto transizionale? Esso è utile per creare un “ponte” tra la nostra interiorità e “fantasia” con il mondo esterno. Serve semplicemente a rassicurare il nostro animo e, di conseguenza, allontanare ansie e paure. Come quando si beve la birra dalla bottiglia, sostituto del ciuccio. Per chi fuma, la sigaretta. E, nell’era moderna, non dimentichiamo il ruolo a volte “controverso” del cellulare nelle nostre vite, il “presunto” allontana- ansie e paure…

Per superare le paure, innanzitutto non bisogna nasconderle, bensì parlarne anche, nel caso, con un esperto, la qual cosa può aiutare molto. Un consiglio personale che mi sento di dare è questo: più ci “spieghiamo” le cose, più le razionalizziamo, più usiamo il nostro intelletto, più le paure si riducono. Il nostro cervello ha la capacità di “smontare” paure che non hanno proprio senso di esistere nelle nostre vite. Più conosciamo le cose o ci sforziamo di farlo, più si starà meglio!

Esempi pratici e altri consigli

Se si ha paura del buio, chiediamoci: “Ma cos’è, in fondo, il buio?” e diamoci una risposta razionale. “Il buio è l’assenza di luce, semplicemente. Le cose non cambiano se spengo la luce.” E fare la prova. Si, farla proprio. Così ci si convincerà.

Nel caso di paure concrete, come quella di parlare in pubblico, iniziare a piccoli passi. Iniziare a parlare con un gruppo di persone limitato, per poi proseguire una volta acquisita sicurezza.

Una tattica importante potrebbe essere quella che i latini chiamavano “premeditatio malorum“. Cercare mentalmente di pensare, senza essere catastrofici, allo scenario “peggiore” possibile in quella situazione specifica. Quasi sempre ci si accorgerà che lo scenario che ipotizzavamo era in realtà molto ma molto più catastrofico di quello che è nella realtà!

In ogni caso non dovremmo mai respingere ansie e paure, bensì lasciarle andare. Il che significa spostare l’attenzione dalla paura a qualcos’altro. Dar prima il benvenuto alla paura, poi, senza opporci ad essa (perché si ottiene l’effetto contrario in questo modo) dovremmo lasciarla andare.

Concentrarci sulla respirazione, quindi inspirare ed espirare 10 volte può essere d’aiuto. Meditare, inoltre, è un altro valido supporto per ottenere la pace della mente e liberarci anche delle paure.

Grazie ai Fiori…

Per aiutarci in questo percorso, dei validissimi e preziosi aiuti vengono anche dai Fiori di Bach, di già citati nel post precedente. Per le paure di cose irrazionali, quelle non esistenti nella realtà ( ad esempio la paura dei mostri nei bambini, la paura dei fantasmi, di qualcosa di inspiegabile che è solo frutto della nostra suggestione) si può provare il validissimo fiore “Aspen“. Agisce in maniera delicata proprio a questo scopo.

Per le paure di cose “concrete”, “tangibili”, optare, invece, per il fiore Mimulus. Come per tutti i fiori di Bach, la dose consigliata è 4 gocce, 4 volte al giorno, ma il floriterapeuta esperto può anche aumentare la dose se la situazione lo richiede.

Conclusione

Ad ogni modo, le paure vanno affrontate! Mai procastinare e pensare ” Questa paura la affronterò domani…”. Un gradino alla volta, con la forza di volontà e senza respingerle, come dicevo in precedenza.

Ognuno di noi ha i propri timori. Voi come li affrontate? Qual è la strategia che adottate per superarli? Raccontatemela nei commenti, se volete, vi leggo con piacere!

Un abbraccio a tutti, carissimi. Grazie delle numerose visite che, di già, questo nuovo blog sta ricevendo! Ho anche aggiunto il servizio “Creazione di contenuti per il web“, trovate tutte le info e le spiegazioni nella pagina apposita, collegamento sopra i post del blog.

Ciao da Grazia

 

Bentrovati, cari amici del Taccuino di Grazia!

Quest’oggi affronterò un argomento che riguarda sia la categoria della “scienza” che quella della “psicologia“. Parleremo in questo post, infatti, del “pensiero scientifico“. Avete mai sentito questa espressione? No? Bhè, se ne volete sapere di più, proseguite nella lettura del post! ☺

Il pensiero scientifico  è la capacità  delle persone di formulare idee e rappresentazioni mentali in modo razionale ed obiettivo. Questo tipo di “modalità di pensiero” si distingue, infatti, dai pensieri quotidiani.

Ma che cos’è, innanzitutto, la scienza?

“Essa è un insieme di tecniche e metodi che consentono di organizzare le conoscenze sulla struttura dei fatti oggettivi e accessibili ai diversi osservatori”.

Partiamo dalla differenza che intercorre tra i verbi “guardare” ed “osservare“. Lo scienziato non si limita a guardare la realtà, bensì pone l’attenzione su di essa, la osserva, per l’appunto, raccoglie dei dati e delle informazioni e formula alla fine la sua “tesi” scientifica, dimostrata dai fatti, per l’appunto.

Il metodo scientifico viene definito, per questo, empirico.

Partendo da questo presupposto, possiamo affermare che il pensiero scientifico parte da osservazioni ed esperienze che generano DOMANDE, o anche “dubbi di metodo“. Quando la persona si pone queste domande mentali sviluppa un “sistema di verifica” che approva questi dubbi o li elimina. Questo metodo di verifica si basa, quindi, sull’esperienza e sulla misurazione.

Un po’ di storia

Nell’antichità prevaleva il pensiero magico o mitologico in cui l’uomo trovava le soluzioni ai grandi interrogativi pensando all’azione degli dei o della natura, mentre nel Medioevo ci si spiegava le cose attribuendole esclusivamente alla volontà di Dio.

Grazie ai progressi delle leggi di Newton e Galilei, si cominciarono ad aprire gli orizzonti di un tipo di pensiero più razionale che spiega i fenomeni della natura attribuendoli e leggi  “indissolubili” in cui Dio non può intervenire.

Grazie a Cartesio ed al suo lavoro “Il discorso sul metodo“, possiamo dire che vi è stato l’inizio del pensiero scientifico della cultura contemporanea, la quale pone l’uomo e la sua “ragione” al centro.

In concreto…

Un esempio che rende bene l’idea di “pensiero scientifico” è che quando piove non si pensa più, ad es., ad un dio che piange, ma al dimostrato “ciclo dell’acqua”, fatto di evaporazione, condensazione e precipitazione.

Il pensiero scientifico contemporaneo è quindi quello fatto di ordine e razionalità. Chiaramente, il pensiero quotidiano è un misto di pensiero”scientifico” e “magico”, nel senso che alcuni aspetti della vita o anche quelli religiosi non possono e non debbono essere spiegati con la ragione.

La fede, ad es, non può essere razionalità , come non lo possono essere neanche i sentimenti umani, o meglio, non può essere razionale la “spiegazione” degli stessi.

Le sue caratteristiche e altro…

Il pensiero scientifico ha queste caratteristiche: è reale, analitico, trascendente (non muore mai e non passa di moda), è preciso, ma soprattutto VERIFICABILE.

Tra pensiero scientifico e “magico” ci dovrebbe essere un equilibrio, come sosteneva Albert Einstein, secondo cui:

La scienza senza religione è zoppa e la religione senza scienza è cieca.

Questo tipo di pensiero si è concretamente manifestato nell’arte, nell’oralità, nella scrittura ed in tutte le forme di comunicazione ed espressione umana. Ad esempio, i graffiti preistorici di Altamira (Googlare per vederli ) di circa 40.000 anni fa sono una delle manifestazioni delle capacità artistiche dell’Homo Sapiens, ma anche la manifestazione delle sue capacità di elaborare un pensiero astratto.

Così, ancora, Mozart, che nel 1784 ascoltò il canto dello storno (un uccellino) che aveva in casa e ne trascrisse la melodia.

In conclusione

Concludendo, pensiero scientifico, arte, cultura in generale e scrittura sono tutte modalità con cui l’uomo rappresenta la realtà e la interpreta, spiegandosela.

Sta a noi trovare quello che gli antichi chiamavano “il giusto mezzo“, un equilibrio tra le varie modalità di pensiero e le capacità di espressione artistica, creativa e culturale.

E voi, avete una particolare “modalità di pensiero” che adottate prevalentemente? Fatemi sapere nei commenti!

Un abbraccio a tutti, ed al prossimo post!!!

Ciao da Grazia

 

Sono Grazia, classe 1985, laureata in Giurisprudenza. Ho svariate passioni…Amo scrivere poesie, filastrocche, storie, nonché bloggare, disegnare, creare siti, utilità digitali e tanto altro. Sono una persona solare e positiva. Mi impegno, nel mio piccolo, a portare gioia e positività in chi mi legge :)

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